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“E non è che non si sapesse dell’ingiustizia e della ferocia che contrassegnarono la repressione: ma era come una specie di “scheletro nell’armadio”; tutti sapevano che c’era, solo che non bisognava parlarne: per prudenza, per delicatezza, perché i panni sporchi, non che lavarsi in famiglia, non si lavano addirittura”. Leonardo Sciascia


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Ciraldo Frajunco, il pazzo del paese, inneggia a Garibaldi con il capo avvolto da un tricolore.


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Una folla di dimostranti avanza minacciosa verso il Circolo dei Civili sventolando una bandiera tricolore.


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L’avvocato Nunzio Cesare, all’ingresso del Circolo dei Civili, blandisce i dimostranti.


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Una improvvisata “Guardia Nazionale”, con in testa il delegato di polizia Spedalieri e il notaio Cannata, procede all’arresto dei rivoltosi.


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Armati di fucili, di tridenti, di accette, di ronche, uomini e donne percorrono gridando le vie del paese.


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Un foltissimo gruppo di uomini armati si è formato sulla piazza. Altri vi affluiscono, anche donne. Alla folla degli armati si fa incontro Nicola Lombardo.


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Nino Bixio, interpretato da Mariano Rigillo, è entrato a Bronte. Il paese è deserto. Botteghe e finestre sono chiuse. Il generale viene su per strade deserte e ripide, saettando occhiate a dritta e a manca.


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I soldati si guardano intorno stupiti: non c’è nessuno per le vie, nessuno alle finestre, nessuno ad applaudirli.


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I garibaldini irrompono nelle misere abitazioni, strappano i contadini alle mogli e ai figli e li trascinano fuori.


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Il teatrino del collegio è stato adibito a tribunale. Sul palcoscenico stanno i giudici. Siedono dietro un tavolo ricoperto da un grande drappo tricolore. Il maggiore De Felice, presidente della Commissione di guerra, legge il dispositivo d’accusa.

